Ferma restando la piena condivisione di ogni iniziativa culturale, sociale e normativa finalizzata a prevenire il deprecabile problema della violenza di genere, ribadiamo il principio secondo cui il contrasto ai fenomeni criminali non può essere demandato al processo penale. Non è questa la funzione istituzionale del processo penale che, anche nei casi di violenza di genere, interviene comunque dopo l’accadimento di un “fatto” e non può costituzionalmente diventare uno strumento di vendetta della “vittima”. La nota della Giunta e dell’Osservatorio Doppio Binario e Giusto Processo a seguito della delibera della Camera Penale di Tivoli del 27 novembre 2024 sulle linee guida della Procura di Tivoli in tema di maltrattamenti.
Ferma restando la piena condivisione di ogni iniziativa culturale, sociale e normativa finalizzata a prevenire il deprecabile problema della violenza di genere, ribadiamo il principio secondo cui il contrasto ai fenomeni criminali non può essere demandato al processo penale, mediante la negazione dei principi costituzionali del diritto di difesa, della presunzione di non colpevolezza e del giusto processo. Non è questa la funzione istituzionale del processo penale che, anche nei casi di violenza di genere, interviene comunque dopo l’accadimento di un “fatto” e non può costituzionalmente diventare uno strumento di vendetta della “vittima”. Sotto tale profilo, esprimiamo adesione e condivisione rispetto alla delibera della Camera Penale di Tivoli del 27 novembre 2024, con la quale sono state stigmatizzate le “linee guida sull’applicazione del delitto di cui all’art. 572 c.p. e su questioni procedimentali/processuali relative ai reati di violenza di genere, domestica e contro le donne. Esposizione ragionata della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione”, pubblicate in data 8 novembre 2024 sul sito della Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Tivoli. Si tratta di prescrizioni che contrastano con i principi di legalità sostanziale e processuale mediante una interpretazione univocamente pro persona offesa di alcune sentenze della Corte di Cassazione e travalicano le competenze del PM, creando una gabbia preventiva da cui l’indagato non potrà mai venirne fuori, accentuano, altresì, una forma di gerarchizzazione dell'ufficio di procura.
Si osserva come in effetti il c.d. “Statuto della vittima” imponga uno status di diritto penale sostanziale che non può trovare riconoscimento nel processo prima del giudicato, poiché l’imputato è presunto innocente come anche la vittima è da presumersi non vittima o comunque non vittima dell’azione dell’imputato, prima della sentenza passata in giudicato. Si osserva e si condivide inoltre come il reato di maltrattamenti venga, de facto, riqualificato come “reato proprio” e “reato di genere”. Le sentenze citate nelle “Linee guida”, come evidenziato nella delibera, sono sempre espressione dell’interpretazione più restrittiva, negandosi addirittura rilevanza alla reciprocità delle condotte, in forza di un pregiudizio ideologico per cui vi devono necessariamente essere una vittima ed un carnefice. Si dimenticano, invece, i più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità, secondo i quali “nella fattispecie di maltrattamenti in famiglia hanno rilevanza la reciprocità delle offese e delle condotte vessatorie”, si ritiene operativa la scriminante putativa dello stato di necessità, ex art. 54 c.p., nei casi in cui, a fronte della assoluzione dell’imputato uomo, venga contestato alla persona offesa donna il delitto di falsa testimonianza, si attribuisce un asimmetrico valore allo stato di ubriachezza o alla dipendenza da stupefacenti, a seconda degli assuntori. Si suggerisce la contestazione aperta del reato di maltrattamenti in famiglia che consentirebbe al P.M., anche successivamente all’esercizio dell’azione penale, di riversare nel fascicolo del pubblico ministero gli atti comprovanti le ulteriori minacce o molestie, e di procedere conseguentemente all’assunzione delle prove innanzi al Tribunale anche con riferimento a tali ulteriori fatti. Il coacervo di tali prescrizioni eleva la Procura ad autentico “Dominus del Processo”, e svilisce la figura del Giudice, mero spettatore delle contestazioni progressive, relegando l’imputato a puro ed inerme destinatario della montante imputazione.
Si tratta di una pericolosa deriva interpretativa che dimostra un pregiudizio di colpevolezza nei confronti dell’imputato e si risolve in una sostanziale inversione dell’onere della prova: dalla presunzione di non colpevolezza si passa alla presunzione di colpevolezza sulla base di dichiarazioni, rese in fase di indagini e senza contraddittorio con i difensori che, anche se ritrattate, dovrebbero prevalere su quelle divergenti rilasciate in aula o nel corso dell’incidente probatorio.
L’infondatezza delle generiche affermazioni di “strumentalità” delle denunce/querele per ottenere “vantaggi” nel corso del procedimento di separazione legale in sede civile vorrebbe, ancora, limitare il principio del libero convincimento del Giudice.
Le suddette linee guida introducono quindi un triplo binario ispirato ad una concezione illiberale del processo, in contrasto con i principi costituzionali che regolano il nostro sistema penale.
Roma, 29 novembre 2024
La Giunta
L'Osservatorio Doppio binario e Giusto processo