09/11/2020
I colori della pandemia:rosso carcere - arancione processuale

Pubblichiamo il documento dell'Osservatorio Carcere con cui si chiede l' applicazione immediata dei principi costituzionali di amnistia, indulto e altri provvedimenti per l’effettiva tutela dei diritti

Gialle, arancioni, rosse! Un’Italia a colori è la novità dell’ultimo, almeno per ora, Decreto del Presidente del Consiglio, che indica, per ciascuna Regione, le condotte che i cittadini devono tenere per evitare il propagarsi del virus. Un provvedimento, come è stato evidenziato da autorevoli fonti, che pone problemi di costituzionalità, perché incide su diritti fondamentali dei cittadini, prevedendo differenziazioni territoriali, sulla base di un esclusivo provvedimento del Ministro della Salute.

Un decreto che il Governo - riconoscendone l’eccezionalità - ha definito l’ “ultima spiaggia” per evitare una nuova clausura generale, con il rischio evidente di infliggere il colpo mortale all’economia del Paese.

Una modalità d’intervento, dunque, che fa comprendere l’estrema drammaticità del momento con misure eccezionali che limitano solo i diritti di alcuni cittadini, penalizzati – loro malgrado – rispetto ad altri.

Non si può certo prescindere da tale situazione generale nell’affrontare, con onestà intellettuale scevra da ogni pregiudizio, la gravità di quanto, in questi giorni, sta accadendo nei Palazzi di Giustizia e negli Istituti di pena.

Nei primi, i ritardi per giungere a sentenza, dovuti all’enorme carico processuale, si sono ulteriormente aggravati per l’emergenza sanitaria, che ha ridotto il personale e ha imposto la drastica diminuzione dei fascicoli da trattare in udienza.

I tempi della Giustizia saranno, pertanto, ancora più lunghi, con gravi riflessi individuali su imputati e persone offese e conseguenze negative per la credibilità del Paese e per la sua economia.

Nelle carceri, l’Osservatorio dell’Unione delle Camere Penali Italiane, con i propri componenti presenti in ogni regione, sta monitorando il diffondersi del virus ed i dati sono allarmanti, con una crescita esponenziale che non può attendere oltre una immediata soluzione. L’indifferibile esigenza di prevenire ed evitare una massiva diffusione del contagio tra la popolazione carceraria può essere soddisfatta solo con una significativa diminuzione della stessa, in misura tale da eliminare il sovraffollamento cronico rispetto ai posti disponibili e assicurare, anche all’interno degli istituti penitenziari, la praticabilità delle misure di prevenzione del contagio che lo stesso Governo impone ai cittadini liberi. I provvedimenti adottati sino ad ora appaiono totalmente inadeguati ad affrontare la nuova ondata del virus, che si presenta molto più pericolosa e cruenta della prima. Non a caso il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con una sua circolare, ha rinnovato l’invito - già espresso nell’aprile scorso - di ridurre la richiesta di misura cautelari in carcere e di procrastinare l’esecuzione delle misure già emesse.

Ancora una volta, dunque, l’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane rivolge al Parlamento l’invito ad emanare l’amnistia e l’indulto, parole oggi impronunziabili, ma istituti disciplinati dagli artt. 151 e 174 del Codice Penale e regolamentati, nella loro applicazione, dall’art. 79 della Costituzione.

I due istituti rispondono alla necessità di un migliore funzionamento della macchina giudiziaria, riducendo, da un lato, i procedimenti penali pendenti in numero troppo elevato e consentendo, dall’altro, la diminuzione del sovraffollamento negli istituti di pena dove, in molte realtà, la detenzione si concretizza in trattamenti inumani e degradanti ed oggi costituisce un concreto pericolo per la sopravvivenza.

Possono sembrare di fatto provvedimenti di “resa” dello Stato, che non riesce a portare a termine il percorso di accertamento del reato ovvero di punizione del colpevole. In realtà essi possono rappresentare il vero acceleratore del funzionamento di un sistema in realtà impantanato.

Il virus, oggi più di ieri, ha messo a nudo lo stato di salute precario del pianeta Giustizia, che non riesce a garantire ai processi una durata ragionevole e una esecuzione della pena conforme alla Costituzione, circostanze che hanno visto, da sempre, il nostro Paese condannato da organismi internazionali per la lentezza dei processi e per i trattamenti inumani e degradanti a cui sono sottoposti i detenuti.

Ed allora, quando devono trovare applicazione gli istituti dell’amnistia e dell’indulto, posti a garanzia di un corretto funzionamento della macchina giudiziaria, se non ora, che stiamo vivendo un’emergenza sino a pochi giorni fa impensabile, che riguarda tutto il pianeta e che rischia di azzerare il nostro sistema Giustizia?

Ne beneficerà il processo, che si libererà di un arretrato, nella maggior parte dei casi privo di valore sociale; se ne avvantaggerà l’esecuzione penale, con la scarcerazione di persone che, comunque, a breve dovranno uscire.

Ne trarrà vantaggio l’intero Paese, che potrà programmare una “nuova Giustizia”, questa volta davvero efficiente e, soprattutto, davvero “giusta”.

Il Parlamento, dunque, emani i due impronunciabili istituti dell’amnistia e dell’indulto, regolati dalla nostra Costituzione – la vera e sola “Cura Italia” - e ricostruiamo, sui suoi principi, il Paese, con nuove prospettive per il Lavoro, la Pari Dignità Sociale, l’Uguaglianza, la Solidarietà, la Salute, il Giusto Processo, la Rieducazione dei Detenuti.

Il Governo prenda coscienza dei limiti dei provvedimenti adottati sino ad ora per diminuire il sovraffollamento, destinati ad incidere in maniera del tutto irrilevante sulla possibilità di contagio all’interno degli istituti di pena.

Con coraggio e sano realismo, occorre eliminare le preclusioni che hanno impedito alla detenzione domiciliare, da ultimo ridisegnata dal Governo, di svolgere un’adeguata funzione di riduzione del carico umano nelle carceri.

E’ necessario innalzare la soglia di detenzione residua per la concessione del beneficio da 18 a 24 mesi, lasciando l’applicazione dei c.d. braccialetti elettronici alla valutazione concreta del magistrato ove davvero disponibili.

Eliminare la preclusione allo scioglimento del cumulo, consentendo così l’applicazione del beneficio in questione per la parte di pena residua per reato comune.

Introdurre la liberazione anticipata speciale di 75 giorni per ogni semestre di pena espiata come avvenne per dare risposte immediate al Consiglio d’Europa dopo la Sentenza “Torreggiani”.

Prevedere per il giudice, chiamato ad emettere una misura cautelare custodiale in carcere, di considerare, nella valutazione delle concrete esigenze cautelari, l'attuale emergenza sanitaria per il “coronavirus” unitamente al persistente sovraffollamento, favorendo, piuttosto, gli arresti domiciliari.

Disporre l’applicazione transitoria della disciplina in questione anche per coloro che già si trovano in custodia cautelare in carcere all'entrata in vigore della legge.

Solo assumendo, con coraggio e determinazione, queste immediate misure ed assegnando alla Giustizia le necessarie risorse, potremo consentire al “processo” di recuperare dignità e all’esecuzione penale di rispettare i principi costituzionali.

Roma, 09/11/2020

L’Osservatorio Carcere UCPI

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