09/03/2020
Emergenza coronavirus nelle carceri, occorrono intelligenza, coraggio e determinazione. L’appello dell’Unione al governo ed a tutte le forze politiche e parlamentari. Immediato rafforzamento dei Tribunali di Sorveglianza, con distacco dei magistrati che in questo periodo non terranno udienze, per la concessione di detenzioni domiciliari e misure alternative. Indicazione agli uffici GIP per il ricorso rafforzato agli arresti domiciliari in sede di disposizione delle misure cautelari. Indulto per le pene in esecuzione inferiori a due anni. Avviare in Parlamento un serrato confronto sulla ipotesi di amnistia per decongestionare il carico degli uffici giudiziari in questo momento di emergenza.
Il sovraffollamento delle carceri, che per le sue conseguenze rappresenta una pena aggiuntiva, ha costretto l’amministrazione penitenziaria ad emanare provvedimenti che, di fatto, abbandonano i detenuti nelle loro celle in totale solitudine. Sospesi i colloqui visivi con i familiari e i volontari, bloccati i permessi premio ed i lavori all’esterno, le già ridotte attività come il lavoro e la scuola sono chiuse. Non vi sono più rapporti con l’esterno e si resta soli dinanzi ad un televisore che di minuto in minuto comunica notizie sempre più allarmanti.
Certo non è facile gestire un’intera popolazione ristretta, nel tentativo di tutelarla dal contagio e, allo stesso tempo, garantire la sicurezza all’interno degli istituti.
Ma lo Stato deve assumersi le sue responsabilità anche verso i cittadini reclusi che non possono essere privati dei loro diritti, a causa dell’inefficienza di un sistema che pur ammettendo le sue colpe, non ha mai trovato rimedi per uscire da una storica urgenza, quella di rendere le carceri luoghi vivibili e in linea con i principi costituzionali e le norme vigenti.
Un diritto dimenticato a cui i media dedicano pochissimo spazio. Solo ora che le carceri esplodono, sembrano rendersi conto della esistenza del problema.
Non è un caso che da giorni vengono diffusi servizi su ospedali e scuole e non anche per il destino di oltre 60.000 persone, che già prima dell’arrivo del Coronavirus vivevano una precaria situazione igienico-sanitaria e che, pertanto, sono maggiormente esposti al contagio.
Eppure, se fosse stato sconfitto il sovraffollamento e fossero state impegnate le risorse necessarie per rendere vivibili gli istituti di pena – ed occasioni ci sono state, anche recentemente, con la Riforma dell’Ordinamento Penitenziario – oggi la situazione sarebbe diversa e avrebbe garantito una gestione certamente emergenziale, ma rispettosa dei diritti delle persone detenute, con la possibilità di colloqui visivi protetti ovvero con la fruizione di video-colloqui in tutti gli istituti.
Lo Stato colpevole – ed anche condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo - per aver violato norme di civiltà giuridica, ha oggi l’obbligo di adottare decisioni che possano salvaguardare la vita e la salute dei detenuti, perché non sono persone estromesse dalla società, ma di essa fanno parte ed a loro spetta uguale tutela, senza alcuna distinzione.
L’amnistia e soprattutto l’indulto sono le strade da seguire ed occorre immediatamente rafforzare il personale dei Tribunali di Sorveglianza – magari con i magistrati che in questo periodo non terranno udienze – per verificare quanti detenuti (e non sono pochi) hanno diritto ad avere gli arresti domiciliari ovvero la misura (pena) alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, anche aumentando, con decreto legge, il tetto della pena da scontare per accedere al beneficio.
Occorre altresì in questo momento ridurre fortemente gli ingressi nuovi nelle carceri, rafforzando il ricorso alla graduazione in arresti domiciliari delle misure richieste in carcere, e sospendendo gli ordini di esecuzione per pene residue inferiori almeno a due anni.
I diritti vanno garantiti sempre e quello alla Salute è un diritto inviolabile che deve trovare tutela da parte dello Stato per non esasperare gli animi di persone già allo stremo per il trattamento a cui sono sottoposti.
Le rivolte dei detenuti a Salerno, Napoli, Frosinone, Modena ed ancora in altri istituti, non possono essere giustificate, ma traggono origine da un male che da troppo tempo affligge l’esecuzione penale in Italia a cui è necessario trovare immediate soluzioni. Ora più che mai. L’emergenza è anche dentro le mura.
Roma, 9 marzo 2020
La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane
L’Osservatorio Carcere UCPI
- TAGS:
- Giunta
- Comunicati
- Osservatori e Commissioni
- OSSEVATORIO CARCERE
- EMERGENZA CARCERE
- CORONAVIRUS
- APPELLO ISTITUZIONI