24/10/2019
'EPPO': la nomina del primo Capo dell'Ufficio del Pubblico Ministero Europeo

Con la nomina del primo Capo della Procura Europea si avvia il processo che porterà alla piena attività dell’ufficio nel corso del prossimo anno. E‘ giunta a compimento lo scorso 16 ottobre la procedura di nomina del Primo capo dell’Ufficio del Pubblico ministero europeo (EPPO – European Public Prosecutor’s Office).

La scelta, all’esito di un lungo e complesso procedimento regolato dall’art. 14 del Regolamento UE istitutivo (2017/1939), ha coinvolto Consiglio dell’UE e Parlamento europeo ed é caduta sulla procuratrice rumena Laura Codruța Kövesi, nata nel 1973, entrata in magistratura nel 1995, la quale ha sempre svolto le funzioni di Pubblico ministero dedicandosi, in particolare, alla lotta contro la corruzione.

Il capo della Procura europea sará coadiuvato nell’esercizio delle sue competenze da un Collegio di pubblici ministeri europei, uno per ogni Stato membro della cooperazione rafforzata che ha dato via all’ufficio.

A livello nazionale le indagini saranno condotte dai procuratori europei delegati (un minimo di due per Stato membro) organizzati in camere permanenti (composte da tre membri) con il compito di monitorare ed indirizzare le indagini adottando le decisioni operative.

Ad oggi gli Stati membri partecipanti sono 22 (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna).

La neo costituita Procura ha sede a Lussemburgo, che in tal modo diviene la vera capitale giudiziaria della UE, già ospitando la sede della Corte di giustizia.

Al Capo dell’Ufficio del Pubblico ministero europeo, in vista dell’avvio delle attività previsto nella seconda parte del 2020, spetta ora l’importante compito di definire (insieme al Collegio) il regolamento interno che disciplinerà, in accordo con il Regolamento UE che ha istituito l‘Ufficio, il funzionamento della complessa macchina amministrativa e giudiziaria connessa all' operatività del medesimo.

La Procura europea ha competenza con riferimento ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea così come definiti dalla Direttiva cd. PIF (2017/1371) in caso di condotte che coinvolgono la competenza di più Stati membri e in caso di superamento di soglie di rilevanza previste dallo stesso Regolamento istitutivo (nella specie un danno superiore ai 10 milioni di euro). Va osservato che il termine di attuazione di tale Direttiva nell’ordinamento interno degli Stati membri è scaduto il 6 Luglio 2019, e l’articolo 3 della recente legge di delegazione europea approvata il 1° Ottobre 2019 ha delegato il Governo al recepimento di tale atto normativo (si rinvia sul punto alla relativa nota dell’Osservatorio Europa del 16 ottobre 2019: https://bit.ly/2P9ai28 ).

Il Regolamento prevede, inoltre, la competenza della Procura UE anche per le condotte di partecipazione in associazione criminale le cui attività siano dirette alla commissione dei reati di cui alla Direttiva PIF e per tutti i reati connessi alle frodi contro gli interessi finanziari dell’UE.

L’art. 86 del Trattato sul funzionamento della UE, così come lo stesso Regolamento istitutivo, consentono in prospettiva un possibile ampliamento delle competenze ad altri ambiti di crimini transnazionali.

Il Regolamento UE garantisce che l'indagato goda di tutti i diritti sanciti dalla legislazione nazionale e dalla legislazione dell'UE oltre che dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea richiamando esplicitamente le direttive UE in tema di garanzie processuali:

• diritto all'interpretazione e alla traduzione (64/2010);

• diritto all'informazione e all'accesso ai documenti (13/2012);

• diritto a un avvocato e di comunicare e informare un terzo in caso di arresto (48/2013);

• facoltà di non rispondere e presunzione di innocenza (343/2016);

• diritto al patrocinio a spese dello Stato (1919/2016);

• diritto di presentare elementi di prova e di chiedere la nomina di esperti e l'audizione di testimoni. (ancora 343/2016)

Proprio con riferimento alla garanzia dei diritti, tuttavia, emergono non poche criticità dal Regolamento istitutivo dell’EPPO. Se, infatti, il principio della lex loci appare più sicuro non chiedendo al giudice di applicare un diritto diverso dal proprio, dall’altro lato non sembra risolvere il problema delle indagini transnazionali, poiché, una volta superata la frontiera, vi sono delicate implicazioni con riferimento al mutato sistema di riferimento con conseguente aggravio delle procedure e la dubbia utilizzabilità delle prove raccolte, dal momento che non tutti gli ordinamenti degli Stati membri partecipanti hanno un sistema processuale analogo a quello italiano. Più in particolare, i principi di oralità e del contraddittorio nella formazione della prova, comportano una separazione netta tra la fase delle indagini e quella dibattimentale Nell’ambito del processo penale italiano, infatti, difficilmente supererebbero il vaglio di ammissibilità elementi di prova dichiarativa raccolti nella fase delle indagini.

Quanto sopra evidenziato, inoltre, assume rilevanza ancora maggiore solo si consideri che il modello misto di cooperazione in materia di prove transfrontaliere adottato dal citato Regolamento crea il rischio concreto di “forum shopping” nella raccolta delle prove dal momento che la Procura Europea potrebbe scegliere di raccogliere le prove in un determinato Stato membro sulla base dello standard di tutela dei diritti fondamentali connaturato alla sua legislazione, il tutto con evidente nocumento della posizione giuridica di indagati e imputati. Una ulteriore ipotesi di “forum shopping” rileva quanto alla scelta della giurisdizione nella quale esercitare l’azione penale.

Atteso, poi, che il regolamento delega all’organo giurisdizionale dello Stato membro di vigilare – in base al diritto nazionale pertinente - sul rispetto del principio di imparzialità del giudice e dei diritti dell’indagato e dell’imputato sanciti dalla Carta, dal diritto internazionale pertinente e dalle Costituzioni degli Stati membri (“considerando” 80) in funzione dell’ammissibilità delle prove, ne consegue la coesistenza di diversi standard valutativi da Stato a Stato con gravi ripercussioni sulla tutela dei diritti fondamentali dell’indagato/imputato.

Da ultimo, il fatto che si sia scelto di affidare il controllo giurisdizionale sugli atti procedurali della Procura Europea ai Giudici degli Stati membri e non direttamente alla Corte di Giustizia - la quale, per converso, può essere investita mediante rinvio pregiudiziale, della decisione sulla loro validità ed in un catalogo limitato di ipotesi - non pare scelta in grado di fornire una risposta efficace e tempestiva alle eventuali violazioni dei diritti dell’indagato. L’auspicio è che, in fieri e re melius perpensa, venga attribuito sul punto un ruolo centrale alla Corte di Giustizia (o ad una istanza giudiziaria specializzata europea) ciò apparendo necessario anche per dar luogo ad una giurisprudenza che risponda a canoni di uniformità e coerenza in relazione allo specifico ambito di operatività della Procura Europea. Un ruolo più forte della Corte di giustizia è altresì auspicabile anche in tema di controllo delle scelte relative allo Stato in cui esercitare l’azione penale.

Va da sé, quindi, che il compromesso che ha portato all’approvazione del Regolamento 2017/1039 dovrà trovare un’avvocatura ed una magistratura preparate e sensibili alla tutela dei diritti fondamentali.

L’Unione, nell’approssimarsi dell’entrata in funzione dell’Ufficio del Pubblico Ministero Europeo, continuerà, implementandola, sia l’azione politica – finalizzata ad evidenziare le accennate criticità onde prevenire pericolose fughe in avanti anche con riferimento alla individuazione delle competenze della Procura - che quella formativa, per consentire ai penalisti italiani di farsi trovare pronti per l’importante sfida.

Roma, 24 ottobre 2019

La Giunta

L’Osservatorio Europa UCPI


Si ringraziano per la collaborazione nella stesura del documento Chiara Amalfitano, Amedeo Barletta, Federico Cappelletti ed Andrea Guido dell’Osservatorio Europa.