11/03/2019
Populismo e voto di scambio

L’UCPI interviene sulle modifiche dell’art 416 ter del codice penale.

Il 7 marzo 2019, la Camera dei Deputati ha approvato la proposta di legge: Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso (Approvata dal Senato A.C. 1302-A).

Il provvedimento torna ora all'esame del Senato.

Questo il testo approvato dal Senato in prima lettura, lo scorso 24 ottobre d'iniziativa dei senatori GIARRUSSO, ed altri.

Art. 1.

                1. L'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

                «Art. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti la cui appartenenza alle associazioni di cui all'articolo 416-bis sia a lui nota in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa è punito con la pena stabilita nel primo comma dell'articolo 416-bis.
                La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti nei casi di cui al primo comma.
             Se colui che ha accettato la promessa di voti, a seguito dell'accordo di cui al primo comma, è risultato eletto nella relativa consultazione elettorale, si applica la pena prevista dal primo comma dell'articolo 416-bis aumentata della metà.
                In caso di condanna per i reati di cui al presente articolo, consegue sempre l'interdizione perpetua dai pubblici uffici
».

Questo, invece, il testo approvato dalla Camera dei Deputati lo scorso 7 marzo (in grassetto le modifiche al testo del Senato)

«Art. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'articolo 416-bis o mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa è punito con la pena stabilita nel primo comma dell'articolo 416-bis.>>

Già il testo approvato al Senato si prestava a rilievi, con l’equiparazione alle pene previste dall’ art. 416bis,  per l’  irragionevolezza e sproporzione della previsione sanzionatoria: da dieci a quindici anni di reclusione rispetto al testo vigente (da sei a dieci anni), già modificato nel 2014 sull’ onda di una campagna che sosteneva l’ inadeguatezza della previsione antecedente anche nella delimitazione al solo scambio promessa di voti/danaro.

Si aggiunga la circostanza aggravante configurate qualora chi ha accettato la promessa di voti risulti eletto, che porta ad un aumento della sanzione della metà: si tratta di evento che, dal punto di vista oggettivo è necessariamente sconnesso dal fatto incriminato, considerata la segretezza del voto (impropriamente nel dossier n. 67/1 per la Camera del 22 febbraio 2019 si parla di “aggravante di evento”). Si finisce col punire maggiormente rispetto alla stessa appartenenza al sodalizio mafioso,  la immorale volontà del “politico” di ottenere un risultato forse agevolato, non si sa in che misura, dall’ accordo raggiunto.

Ancora l’ aggiunta tra gli oggetti dello scambio, accanto al denaro o altra utilità, della “disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa”: formula scartata dal legislatore del 2014 per la sua indeterminatezza, pericolosa nella decifrazione delle modalità di svolgimento delle campagne elettorali  

Ma il testo approvato dalla Camera aggiunge, con un altro blitz  a cui ormai siamo abituati, altre perle.

La formula sembrerebbe consentire di prescindere dalla consapevolezza, in capo al “politico”, dell’ appartenenza alla “mafia” del promittente voti: lo si ricava dal cambiamento operato sul testo approvato dal Senato che, quanto meno, sul punto richiedeva esplicitamente un supporto probatorio. Nel Dossier già citato si dice inoltre che l’ elemento “appartenenza alla associazione mafiosa” del promittente voti potrà essere desunto a discrezione dell’ interprete non solo da una condanna, ma anche dall’ applicazione di  una misura di prevenzione.

L’Unione delle Camere penali italiane vede nell’ approvazione della proposta di legge Giarrusso ed altri un altro passo del governo in carica nella rapida devastazione di un diritto penale improntato a determinatezza dei precetti e a proporzionalità e ragionevolezza delle risposte punitive.

Senza soluzioni di continuità rispetto a precedenti esecutivi il campo dell’ “Antimafia” si presta ad essere il luogo in cui  quell’ intento può essere portato alle estreme conseguenze.

L’ intervento sul reato previsto dall’ art. 416ter, introdotto nel 1992 per colpire con maggiore severità la corruzione elettorale nel contesto del rapporto politica/mafia, assume  in questo momento una valenza speciale, rispetto ad un marketing politico che, non da oggi, ha visto nelle leggi dettate dallo “stato di eccezione” antimafia un cosmetico a disposizione per intaccare i fondamenti di un diritto penale liberale.

Non può sfuggire quanto la nuova formula sia congeniale al tipo di democrazia che il primo proponente e i sui sodali hanno in mente di attuare.

Chi, a tutti i livelli – locali o nazionali – intende avventurarsi nell’ impegno della rappresentanza politica legata ai contesti sociali e agli interessi di riferimento, si assumerà il rischio enorme di vedere affidata alla Magistratura il “bollino” antimafia, già proposta dal Presidente della Commissione antimafia per l’ avvocatura.

La norma proposta ha quindi qualcosa di nuovo, di barbaro e perverso, anche rispetto all’ ethos dell’ Antimafia, sparso a piene mani anche in passato da tutte le forze politiche.

Mette a rischio coloro che, invece di affidarsi alla rete e ai suoi gestori per costruire il consenso, pensano ancora ad un impegno politico che muova da un rapporto diretto con il territorio e con le istanze dell’ elettorato di riferimento. Una legge che si iscrive a pieno titolo nella strategia distruttiva delle democrazia rappresentativa.

 

Roma, 10 marzo 2019

 

La Giunta

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