12/07/2022
DETENUTI “INTERRATI” MA NON È QUESTO CHE FA SCANDALO

Sul 41 bis un attacco al DAP, perché non nasconde le atrocità del regime speciale. Pubblichiamo il documento dell'Osservatorio Carcere.

Si alzano polveroni per occultare l’indicibile verità di una tortura di Stato. Questo è quanto accaduto nei giorni scorsi a seguito della visita di “Nessuno Tocchi Caino” agli istituti di pena della Sardegna e, in particolare, alle sezioni 41 bis. Della delegazione hanno fatto parte anche due Avvocati dell’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane, iscritti alla predetta associazione. È davvero inquietante – ma visti i precedenti, non ci sorprende – che si voglia procedere con un’interrogazione parlamentare sull’autorizzazione che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha concesso per consentire l’ingresso anche nei reparti dove sono ristretti detenuti in regime previsto dall’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Ma ancora più preoccupante è che nessun partito si sia immediatamente schierato in difesa della scelta fatta dal DAP, che è in linea con l’esigenza di trasparenza più volte invocata in merito al sistema penitenziario. Se dibattito parlamentare ci sarà, ci auguriamo che la politica – quella vera e costituzionalmente orientata – sappia affermare che un Paese civile non può avere vergogna delle sue carceri e che le visite di coloro che da anni si battono per il rispetto dei diritti civili sono benviste, perché nulla si vuole nascondere. La discussione dovrebbe poi entrare nel merito delle differenze abissali tra quanto previsto dalla norma e quanto effettivamente praticato negli istituti di pena: se il titolo dell’articolo 41 bis  recita “situazioni di emergenza” e  l’emergenza dura da oltre 30 anni, vuol dire che la strada scelta è quella sbagliata; se la norma prevede ed indica le restrizioni delle regole di trattamento, al fine di impedire i collegamenti con l’associazione criminale di cui il detenuto fa parte, le altre numerose limitazioni e divieti sono un’ illegittima violenza alla dignità della persona; se molti detenuti sottoposti al 41 bis sono solo raggiunti da misura cautelare in assenza di un giudizio e si trovano nel regime speciale in quanto semplici partecipi di associazioni criminose, forse l’applicazione in concreto del 41 bis tradisce le intenzioni dichiarate per assumere quelle di strumento, per nulla occulto, di induzione alla collaborazione; internato, non vuol dire ”interrato”, perché quello che si è accertato nel corso della visita è che la struttura è collocata due piani sotto terra e quindi con mancanza di aria e di luce naturale; tale situazione comporta umidità e freddo d’inverno, caldo torrido d’estate; che le aree di passeggio sono delimitate da 4 mura di cemento con una rete metallica di copertura, senza possibilità di alcun riparo da sole o pioggia; che, all’interno della struttura, mancano figure medico-specialistiche. Queste ed altre ancora le reiterate denunce dell’Osservatorio nei suoi documenti e nella sua audizione in Commissione Parlamentare Antimafia del 6 novembre 2019, per chi voglia davvero approfondire la posizione storica della comunità dei penalisti sul 41 bis. Di tutto questo si discuta in Parlamento, magari dopo aver riletto (o letto) la Costituzione e l’art. 117 del D.P.R. 30 giugno 2000, N. 230, che disciplina le visite negli istituti penitenziari.

Roma, 12 luglio 2022

                                                                                                              L’OSSERVATORIO CARCERE UCPI

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