20/04/2020
L'Osservatorio Carcere e il diritto ad avere notizie

Un documento di analisi sullo stato della comunicazione delle notizie dal carcere e sul carcere

IL DIRITTO AD AVERE NOTIZIE

L’informazione trasparente è un dovere della pubblica amministrazione, che può trovare eccezioni solo per ragioni di sicurezza nazionale.

L’opinione pubblica ha il diritto di conoscere le scelte politiche, siano esse amministrative, economiche, sanitarie, giudiziarie ovvero di qualsiasi genere, che il Parlamento e il Governo adottano o intendano adottare in determinate situazioni.

Nel corso della drammatica emergenza sanitaria che stiamo vivendo, siamo inondati da fiumi di notizie e da conferenze stampa della Protezione Civile, che ci aggiornano sul diffondersi del virus e su quanto si sta facendo e si dovrà fare.

Sono stati annunciati  programmi di cura e prevenzione, ma è rimasta del tutto ignorata l’informazione sugli istituti di pena.

Eppure il mondo penitenziario coinvolge un rilevante numero di persone. Basti pensare che in Italia vi sono 200 carceri, con circa 60.000 detenuti. Ciò vuol dire che le notizie su come affrontare l’emergenza riguarda milioni di persone: ristretti, personale, rispettivi familiari; tutto l’indotto che consente all’istituto di funzionare; magistrati, avvocati, amministrativi.

Una parte del Paese da sempre ignorata o comunque dimenticata. Nemmeno il virus ha consentito la doverosa presa d’atto che non esiste un altro pianeta, ma è Terra anche quella.

L’Unione Camere Penali Italiane, sin dall’inizio dell’emergenza, si è posta il problema di come venisse affrontata la prevenzione negli istituti di pena, nel silenzio pressoché totale degli organi d’informazione e della stessa amministrazione penitenziaria.

Dopo inutili sollecitazioni, il 2 aprile scorso, la Giunta unitamente all’Osservatorio Carcere ha posto pubblicamente 10 domande al Presidente del Consiglio, al Ministro della Giustizia e al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, stigmatizzando i numerosi silenzi e le varie reticenze sull’emergenza carcere, indegni di un Paese democratico.

La richiesta d’informazioni aveva ad oggetto le misure adottate; il numero di presidi sanitari forniti ai detenuti e al personale; le modalità d’isolamento dei contagiati o presunti tali e di coloro che erano entrati in contatto con essi; il numero dei contagiati tra detenuti e personale; l’effettiva diminuzione del sovraffollamento; il numero di braccialetti elettronici disponibili al fine di consentire l’applicazione dell’art. 123 del Decreto Legge N. 18/2020 emanato dal Governo; le modalità di trasferimento dei detenuti.

Veniva altresì evidenziato che il rischio di epidemia nelle carceri riguardava i ristretti, la polizia penitenziaria ed il personale amministrativo e civile, che in esse opera, ma interessava, ovviamente, anche l’ intera comunità sociale, per la ovvia, catastrofica ricaduta sulle strutture sanitarie pubbliche di un eventuale contagio di massa.

A tali domande non vi è stata risposta alcuna.

Dopo alcuni giorni, l’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane, ha rinnovato la richiesta d’informazioni, inviandola ai Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria. Su undici Provveditori, hanno risposto solo in tre: il Provveditore della Campania, del Lazio-Abruzzo-Molise e dell’Emilia Romagna-Marche.

Campania

Al 6 aprile scorso, erano presenti, tra detenuti e personale in servizio 11.414 persone. Sugli esiti dei tamponi fatti, non abbiamo avuto risposte, perché di competenza dell’autorità sanitaria, che evidentemente non informa il provveditorato. I detenuti presenti erano 6829, a fronte di una capienza regolamentare di 6118. Le stanze d’isolamento sono state istituite nella sezione dedicata ai semiliberi, con camere singole o in comune (con un massimo di due persone, in caso di necessità), bagno a vista e docce riservate. Hanno usufruito degli arresti domiciliari ai sensi del D.L. N. 18/2020, 29 detenuti. Disponibilità di smartphone e tablet per i colloqui con i familiari.

Lazio-Abruzzo-Molise

Al 9 aprile, i dispositivi di protezione disponibili sono i seguenti: mascherine FFP2/P3 7.135, chirurgiche 59815, a conchiglia 7000; occhiali/visiera facciale 1482; camici/tute monouso 3044; guanti monouso 246205; Kit protezione totale 17. Le mascherine chirurgiche, quota parte, sono state consegnate ai detenuti.

Totale dei tamponi eseguiti ai detenuti 155. È presente almeno un reparto per ognuno dei 25 istituti del distretto, destinato ad isolamento sanitario cautelare, anche se stanze multiple per l'occasione sono destinate ad uso singolo. Si tratta di 96 stanze all'ultimo censimento. Un solo detenuto è risultato positivo ed è stato ospedalizzato in discrete condizioni generali. Eseguiti i controlli su tutte le persone con cui è stato in contatto. Sono risultati positivi 5 poliziotti penitenziari, di cui uno attualmente ospedalizzato, uno guarito, due in cura domiciliare, uno asintomatico. Per gli eventuali contagiati stanno per essere messe a disposizione due sezione per semiliberi, una nel Lazio ed una in Abruzzo ed un reparto femminile della casa Circondariale Rebibbia Femminile. Sono stati sottoposti finora al tampone n. 137 poliziotti penitenziari. I condannati che hanno già usufruito della detenzione domiciliare dal 18.3.2020 sono 200. È bene precisare che il dato comprende anche persone che hanno ricevuto una detenzione domiciliare ex L. n. 199/2010. Nessuno ha usufruito di detenzione domiciliare con il braccialetto elettronico. I detenuti presenti erano 8383, mentre la capienza regolamentare è per 6455 posti. Ci sono 2454 camere a 2 posti e 2431 con più di due posti. I detenuti che effettuano colloquio audiovisivo con i familiari dal 10 marzo u.s. sono 4000 (il dato è arrotondato per difetto). I colloqui sono realizzati con collegamento Skype, Skype for Business, Google, piattaforma Cisco e con gli iPhone alla piattaforma Whatsapp. I colloqui telefonici e collegamenti audio-video con i difensori non sono conteggiati tra quelli autorizzati per i familiari.

Emilia Romagna-Marche

Per ogni caso di rilevata positività, la competente autorità sanitaria procede alla ricostruzione e valutazione dei contatti stretti, per l’adozione delle conseguenti misure precauzionali, che vengono comunicati alle direzioni degli istituti penitenziari. Per disposizione della Regione, a cui è demandata la competenza “esclusiva” , sia per la sanità in carcere (SSN – Dipartimento di salute pubblica), sia in materia di gestione dell’emergenza Covid-19, non si è inteso predisporre controllo epidemiologico preventivo sui detenuti, questo è stato previsto solo per gli operatori penitenziari in servizio sul territorio. Il Provveditorato ha provveduto a creare delle sezioni cosiddette “covid” all’interno dei singoli istituti. Al 17 aprile, risultano 17 detenuti positivi gestiti all’interno degli istituti penitenziari. Tra gli operatori risultano 49 casi positivi, più 10 tra il personale sanitario. Sono presenti nel distretto 4057 detenuti, con un tasso di sovraffollamento pari al 129,29%. Al 14 aprile risultano beneficiari di provvedimenti ex art. 123 D.L. N. 18/2020, 47 detenuti, altri 62 hanno ottenuto la detenzione domiciliare ordinaria. In dotazione smartphone per consentire videochiamate con i familiari e con i difensori.

Dalle informazioni ricevute si evince un quadro variegato di provvedimenti e di disponibilità di presidi sanitari, laddove sarebbe necessaria – ci si perdoni il temine ormai abusato – una “cabina di regia” che governi una situazione di una pericolosità tanto elevata, quanto incompresa.

A coloro che hanno risposto alle domande va tutta la nostra stima. Sono funzionari che, evidentemente, non ritengono la loro attività “cosa propria”, ma patrimonio da condividere con il Paese, che ha il diritto di essere informato.

Dovere d’informazione che altri non avvertono, pur rivestendo il ruolo apicale del governo della Giustizia italiana e, se sono costretti a farlo, preferiscono farlo “in segreto”.

Così il Ministro Bonafede, alle autorevoli richieste della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, preoccupata per quanto denunciato in un ricorso avente ad oggetto l’emegenza Covid 19 nelle carceri, ha dovuto rispondere, ma quanto ha affermato è segretato, perché è evidentemente “cosa sua”. Ricordiamo male o il suo partito, pardon “movimento”, predicava totale trasparenza, fino a chiedere la videoconferenza per le consultazioni tra gruppi parlamentari ?

Il diritto all’informazione resta così negato al Paese, ai diretti interessati, detenuti e familiari, agli Avvocati che continuano una battaglia di civiltà in nome della Costituzione.

Roma, 19 aprile 2020

L’Osservatorio Carcere

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