27/12/2018
A Trento l'ennesimo suicidio di un detenuto e scoppia la rivolta

Superata la soglia di 60.000 detenuti. Ritorna l’ingestibile sovraffollamento. Suicidi e morti in carcere, le cifre sono quelle record del 2011. Pubblichiamo il documento della Giunta e dell'Osservatorio carcere UCPI

Cinque anni fa la condanna dell’Italia per trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei detenuti. Da allora nulla è cambiato. Il precedente Governo ha promesso riforme strutturali, per circa tre anni ha messo all’opera esperti del settore, ha assicurato l’Europa che il cambiamento c’era stato, ma poi il pur mite ruggito si è presto trasformato nel verso del coniglio, lasciando ai “nuovi giunti” la presunta responsabilità di far diventare il nostro Paese un luogo civile dove la Costituzione viene rispettata e non esistono zone franche. Ma il cambiamento ai vertici dello Stato ha affossato la Riforma e le nostre carceri continuano di giorno in giorno ad affollarsi, a vedere negati il diritto alla salute, al lavoro, agli affetti familiari, al rispetto della dignità della persona, con la tragica conseguenza quest’anno dell’aumento dei suicidi (65) e di morti “innaturali” (77, spesso dovute alla mancanza dei necessari tempestivi interventi), per una media di circa un morto ogni tre giorni.

In questo contesto, il 22 dicembre scorso vi è stata nel carcere di Trento, la rivolta di 300 detenuti sui 356 presenti. La ribellione è avvenuta  dopo il suicidio di un uomo di 32 anni, che seguiva quello di un ragazzo e da due tentativi sventati dalla Polizia Penitenziaria. La settimana precedente quattro detenuti erano stati portati in Ospedale per aver ingerito un mix di diluenti e altre sostanze tossiche.

Incendiate suppellettili all’interno delle stanze e devastate alcune zone dell’istituto. Sul posto sono intervenuti ambulanze, vigili del fuoco e l’area è stata controllata oltre che dalla Polizia Penitenziaria, anche da Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato.

Oltre al Prefetto, al Questore, al Governatore della Provincia, al magistrato di Sorveglianza  e al Garante dei detenuti, presenti anche il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, Andrea De Bertolini e il Presidente della Camera Penale di Trento e componente il direttivo dell’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane, Avvocato Filippo Fedrizzi. I due legali hanno chiesto di verificare quanto stava accadendo e si sono messi a disposizione per tentare una mediazione con i detenuti. Una volta entrati nell’istituto gli è stato però detto che non dovevano interferire con le operazioni in corso gestite dalle forze di polizia . Dopo qualche ora la rivolta è rientrata, in quanto come riferito dal Prefetto Sandro Lombardi vi è stato un colloquio con alcuni rappresentanti dei detenuti che “lamentano pochi problemi che si possono risolvere, relativi al servizio sanitario e alle richieste che loro inoltrano in temi di permessi al Giudice di Sorveglianza e la situazione è ritornata nella normalità”.

Le dichiarazioni del Prefetto, rilasciate dinanzi ad operatori televisivi e giornalisti, mirano a gettare acqua sul fuoco e a tranquillizzare l’opinione pubblica, ma lasciano più di un interrogativo.  Quello che è accaduto in questi giorni a Trento, non è relativo a “pochi problemi che si possono risolvere”, ma rispecchia l’esasperazione di una comunità gestita nel peggiore dei modi dallo Stato e non solo a Trento, ma nella maggior parte degli istituti di pena.

Desta poi allarme la dichiarazione secondo la quale “la situazione è tornata alla normalità”. Ma qual è la “normalità” per un rappresentante dello Stato? Tre educatori per oltre 350 detenuti? Un’infermeria chiusa la sera e nei fine settimana? Attese interminabili per gli interventi specialistici? Indecenti condizioni di vita quotidiana?Tutto ciò va definito “vergognoso” e prima ancora “illegale” e va detto non per giustificare azioni di violenza, ma per ripristinare la verità. E se la carica rivestita non lo consente, va comunque evidenziato che i problemi non sono affatto pochi e non sono risolvibili in tempi brevi.

La rivolta di Trento è, dunque, terminata. Oltre 180 detenuti saranno immediatamente trasferiti in altri istituti e a tutti sarà negato il beneficio della liberazione anticipata (45 giorni in meno per semestre). Questa la punizione certa (altre ci sono state o ci saranno?) che rappresenta il prezzo da pagare per l’atto di ribellione, ma lo Stato – già condannato nel 2013 dalla Corte Europea per le condizioni di vita delle sue carceri quando si riabiliterà?

Roma, 27 dicembre 2018

La Giunta

L'Osservatorio Carcere UCPI