09/06/2018
L'Unione al fianco del Presidente della Camera Penale di Roma

La nota della Giunta a tutela della funzione difensiva a seguito degli attacchi all'Avvocato Cesare Placanivca.

L’Unione delle Camere Penali Italiane ha già stigmatizzato come “gravemente insultante” e “privo di qualsiasi giustificazione” il contenuto del post che il giornalista Lirio Abbate, Vice direttore dell’Espresso, ha dedicato all’Avvocato Cesare Placanica, difensore nel processo “Mafia Capitale” e Presidente della Camera Penale romana. “Il fango che tu e i tuoi amici mafiosi volete spargere sulla mia correttezza – si legge in quel post - vi si ritorcerà sommergendovi”, formulando una inaccettabile equiparazione fra difesa dell’imputato e difesa del reato, ed un’incauta sovrapposizione amicale fra avvocato difensore ed assistito. Parole, queste sì, volte a delegittimare in maniera pericolosa la stessa funzione difensiva. Quando FNSI  – intervenendo nel dibattito -  chiede infatti al Consiglio Nazionale Forense di poter avviare un confronto affinché il diritto costituzionale alla difesa non diventi, come alcuni avvocati tentano di fare, un’occasione per delegittimare il lavoro dei giornalisti”, presuppone infatti l’esistenza di indebiti attacchi che non è dato riscontrare nel contesto del processo e tantomeno nell’intervento dell’Avvocato Placanica. Un intervento del tutto coerente con il mandato difensivo e con la necessità di contrastare le tesi e gli argomenti dell’accusa in un processo indubbiamente contrassegnato da un forte intreccio mediatico. L’Unione ha sempre difeso il diritto di informazione nella convinzione che esso sia un indispensabile baluardo della democrazia, come lo sono tuttavia anche il diritto di critica ed il diritto di difesa. L’esercizio di nessuno di questi diritti può giustificare il gravissimo attacco alla dignità di un professionista ed alla libertà ed all’indipendenza della sua funzione. Leggere che le “infamità e le calunnie vomitate oggi in un’aula di giustizia da un para-difensore presidente di categoria a Roma hanno eguali solo ad affiliati alla mafia”, pone non solo, dunque, un problema di continenza del linguaggio, ma un ben più grave problema di radicale incomprensione dei principi liberali del processo penale e dei fondamenti democratici della funzione del difensore in quel processo. E le cadenze con le quali si incalza ancora in quel testo il professionista - “para-difensore dico a te che leggi: di te e dei tuoi amici criminali non ho paura. Ho la coscienza pulita per affrontarti” - hanno la pretesa di instaurare un confronto dai toni irricevibili, che mai dovrebbero essere usati da chi avrebbe invece il dovere di assicurare un fondamentale servizio alla collettività, fondato sulla trasparenza e sulla civiltà della parola.

Roma/Rimini, 9 giugno 2018

La Giunta

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