28/06/2017
Il processo di prevenzione e la confisca delle garanzie

La proposta della maggioranza di governo di rafforzamento ed espansione delle misure di prevenzione contenute nel DDL antimafia e delle disposizioni sulla confisca allargata rappresenta un atto di arroganza politica senza precedenti, poiché persegue una linea politica assolutamente contraria agli indirizzi recenti della Cedu, della Corte Costituzionale e delle sezioni Unite della stessa Cassazione. L’attività degli inquirenti è del tutto priva della possibilità di controllo da parte di un giudice terzo (il GIP non esiste in materia di prevenzione), può essere esercitata senza rispetto di criteri di alcun genere (non esiste obbligatorietà) ed addirittura senza limiti di durata. L’azione di prevenzione può essere esercitata anche indipendentemente rispetto all’azione penale e rappresenta un concreto pericolo di consegnare definitivamente la vita dei cittadini e la economia del paese nelle mani di pochi magistrati.

La proposta della maggioranza di governo di rafforzamento ed espansione delle misure di prevenzione contenute nel DDL antimafia e delle disposizioni sulla confisca allargata rappresenta un atto di arroganza politica senza precedenti, poiché persegue una linea politica assolutamente contraria agli indirizzi recenti della Cedu, della Corte Costituzionale e delle sezioni Unite della stessa Cassazione, oltre che non tenere in alcun conto le forti critiche dei più accreditati accademici italiani , dei magistrati ed non da ultimo, della avvocatura penale.

L’aspetto più allarmante della riforma risiede nel fatto che le modifiche proposte andrebbero nel loro complesso a rafforzare un sottosistema già del tutto sfornito delle minime garanzie.

Il bassissimo standard probatorio richiesto al fine della applicazione delle misure (un indizio riferibile a condotta neppure produttiva di provento illecito), che risulta di per sé inammissibile e contrario ai principi costituzionali e convenzionali per carenza di determinatezza prevedibilità e precisione, non viene controbilanciato dalla previsione di una sia pur minima struttura di garanzia, né in fase procedimentale né, soprattutto, nella fase delle indagini. Difatti, l’attività degli inquirenti è del tutto priva della possibilità di controllo da parte di un giudice terzo (il GIP non esiste in materia di prevenzione), può essere esercitata senza rispetto di criteri di alcun genere (non esiste obbligatorietà) ed addirittura senza limiti di durata. L’impronta fortemente inquisitoria ed autoritaria della riforma è ulteriormente evidenziata dalla previsione secondo la quale l’azione di prevenzione può essere esercitata anche indipendentemente rispetto all’azione penale e dal fatto che le norme all’esame del Parlamento introducono decadenze e preclusioni rilevantissime per coloro che siano stati raggiunti da misure di prevenzione, o persino per quanti siano solamente destinatari della proposta di applicazione di applicazione delle medesime. In sostanza simili strumenti repressivi di cui si chiede il rafforzamento, rappresentano un concreto pericolo di consegnare definitivamente la vita dei cittadini e la economia del paese nelle mani di pochi magistrati (che il progetto mira addirittura a restringere ulteriormente, creando giudici-speciali in ciascun distretto e con ciò sottraendo di fatto il proposto ad un giudice naturale prossimo ai fatti ed al luogo di dimora).

Roma, 28 giugno 2017

Il Presidente dell'Unione delle Camere Penali Italiane

Avv. Beniamino Migliucci

Il Segretario dell'Unione delle Camere Penali Italiane

Avv. Francesco Petrelli