11/09/2020
La vicenda di Colleferro: 'Cosė č se vi pare'.

Pubblichiamo un documento dell’Osservatorio Informazione Giudiziaria

Così è se vi pare

 

Il caso di Colleferro è una storia un po' difficile da raccontare, senza prendere le difese del povero Willy, del resto è la storia di un ragazzo per bene, esile quanto coraggioso, che ha perso la vita per difendere e salvare un amico.

Tuttavia, dopo le notizie sull’accaduto e dell’arresto di quattro persone, il popolo del Web è salito immediatamente sulle scale del tribunale virtuale, facendo in poche ore il processo più sommario tra quelli visti negli ultimi tempi. Dopo soli tre giorni sono anche arrivate le minacce all’Avvocato che difende alcuni di questi giovani. Il disco rotto riprende la sua monotonia: chi difende “certe” persone diventa come loro, addirittura è uno di loro. Allora vogliamo -anzi dobbiamo- essere monotoni anche noi: la sovrapposizione del Difensore con l’assistito è un’offesa alla funzione che la Costituzione ci attribuisce. Basta!

E intanto gli Haters continuano a scatenarsi su tutti i social, e l’attenzione dei media si è subito spostata nel suo campo preferito, ovverosia quello del diritto penale dell’autore, mettendo in luce ogni particolare della personalità degli indagati attraverso un’indagine a tappeto sulle loro abitudini di vita, sui loro precedenti, sulle loro ideologie.

Ne è ovviamente emerso un quadro sconcertante, di completa desolazione culturale che ha accresciuto, senza che ce ne fosse bisogno, i già diffusi sentimenti di odio e vendetta da parte dell’opinione pubblica, a discapito di ogni altra utile riflessione, magari di carattere sociale, etico.

Il corpo del povero Willy, prima ancora di subire l’esame autoptico, è diventato un vero e proprio vessillo politico e ideologico, nell’ambito di un dibattito che ormai è diventato più virale del covid 19 e mai come in questo caso non c'è stato scontro, tutti presi dal timore di perdere consenso, di dire qualcosa di sconveniente, qualcosa che sapesse di garanzie e di giusto processo, di prudenza in attesa delle indagini predisposte dagli inquirenti, quelle vere.

Questo è il frutto marcio di quel populismo penale ormai caratterizzante quasi tutti i colori di partito del nostro paese, che ha fatto sì che la previsione di azioni preventive mirate fosse surclassata da interventi repressivi gridati sui media.

Il problema principale è diventato, sin dall’inizio, individuare la pena esemplare da comminare alle “bestie di Colleferro”, senza correre il rischio che potessero anche solo per un minuto uscire dal carcere dove sono provvisoriamente detenute in attesa di giudizio. Ora che ad una di esse sono stati concessi gli arresti domiciliari attendiamoci l’ennesimo attacco, nuova violenza verbale e, perché no, anche contro il Giudice che ha adottato quella decisione. Ormai succede di continuo: se una decisione non sta bene al “popolo”, ecco che l’aggressività aumenta fino ad arrivare a colpire anche chi ha il compito di valutare la vicenda secondo le regole che la legge impone di osservare.   

Eppur si tratta di un processo tutto da fare, che si trova in una fase, per così dire “liquida”, in cui tutto e il contrario di tutto può essere accertato: nuove testimonianze e nuovi accertamenti potrebbero condurre ad una ricostruzione diversa da quella di ieri o di due giorni fa, all’individuazione di altri o diversi responsabili, così come di altre o diverse ipotesi delittuose.

La velocità dell’informazione prevale sull’accertamento giudiziale. Se qualcuno non se ne fosse ancora accorto, è questo il dramma.  Proviamo allora a pensare, anche solo per un attimo, che i fatti siano andati in maniera parzialmente diversa da come ricostruiti nei primi giorni, a presumere che alcuno degli arrestati (ne basta uno) possa essere innocente, come del resto ci impone il nostro ordinamento.

Ebbene, nessuno riuscirebbe a cancellare nei ricordi e nel cuore della gente i loro nomi, le loro foto disgraziate, le idiozie che hanno scritto su Facebook, e gli epiteti che oggi accompagnano i loro ritratti sulla stampa rimarranno l’unico tatuaggio davvero indelebile sulla loro pelle.

Questo è il frutto, altrettanto, marcio del processo mediatico, sempre più incalzante e quindi capace di produrre preconcette sentenze di condanna: pubbliche, irrevocabili prima del tempo necessario all’accertamento giudiziale, magari sbagliate ma rapide!

La scenografia della famosa commedia di Pirandello, "Così è se vi pare", ha sullo sfondo un grande occhio, una sorta di riflettore puntato sul mondo di pettegoli alla continua ed assetata ricerca di un'unica verità che possa garantire un po' di sicurezza, mentre dalla parte opposta siedono i protagonisti, con le “loro verità", in opposta antitesi con la visione del pubblico stesso, separato a sua volta dalla barriera del palcoscenico.

Costa davvero così tanto attendere e vedere lo spettacolo sino all’ultimo atto, prima di trarre delle conclusioni?

 

Roma, 11 settembre 2020

L’Osservatorio sull’Informazione Giudiziaria

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