02/10/2019
Gli effetti della riforma della giustizia in Polonia al vaglio della Corte di Strasburgo.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha comunicato alla Polonia tre ricorsi, tra il 9 luglio e il 2 settembre 2019, presentati da magistrati rimossi dalle proprie cariche a seguito dell’entrata in vigore delle leggi che modificavano (tra le altre) le modalità di elezione al Consiglio Nazionale della Magistratura e l’organizzazione del potere giudiziario.

In particolare, l’elezione dei componenti del CNM non più da parte dei magistrati, ma con voto della Sejm (camera bassa del Parlamento), disposta dalla legge di riforma del luglio 2017, determinava l’immediata cessazione dalla carica di membro del CNM del ricorrente Grzęda (ricorso 43572/18), che lamentava alla Corte europea la violazione del diritto di accesso a un tribunale, non avendo potuto contestare la prematura cessazione del mandato in sedi giurisdizionali interne, con indicazione delle possibili violazioni degli articoli 6 par. 1 e 13 della Convenzione europea.

Gli ulteriori ricorrenti Broda (ricorso 26691/18) e Bojara (ricorso 27367/18) erano stati nominati nel 2014 vicepresidenti del Tribunale di Kielce per sei anni. Poiché la normativa introdotta il 17 luglio 2017 conferisce al Ministro della giustizia il potere di nominare e revocare gli assegnatari di incarichi direttivi, i ricorrenti venivano rimossi dalla propria funzione nel gennaio 2018. Anche in questo caso le violazioni sollevate riguardano l’assenza di rimedio giurisdizionale.

La Corte europea ha posto alle parti questioni specifiche sull’applicabilità dell’art. 6 della Convenzione nel suo aspetto civile, e ha chiesto chiarimenti sulla possibilità per i ricorrenti di esercitare il proprio diritto di accesso a un tribunale, come previsto dalla medesima norma convenzionale.

La riforma della giustizia approvata in Polonia nel 2017 è stata oggetto di ampie critiche da parte di organismi sovranazionali per l’attacco ai principi di indipendenza e inamovibilità dei giudici, tra cui vanno ricordate le prese di posizione della Commissione di Venezia (https://bit.ly/2nrSza9), le lettere del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa (https://bit.ly/2mYBwME), l’intervento della Commissione europea del dicembre 2017, con richiesta al Consiglio di adottare una decisione ai sensi dell’art. 7 del Trattato (https://bit.ly/2mExTM7), seguito dalla pronuncia della Corte di Giustizia nella causa C-619/18 (https://bit.ly/2mEdXZO).

L’Unione delle Camere Penali Italiane - anche insieme all’Institut des Droits de l’Homme des Avocats Européens, all’International Association of People’s Lawyers, ed alla Liga vor de Rechten van de Mens - già in passato ha stigmatizzato ripetutamente con propri comunicati i rischi sottesi alla riforma approvata in Polonia (https://bit.ly/2nx16sz; https://bit.ly/2lpgTZO), ragion per cui segue con particolare attenzione gli sviluppi dei ricorsi pendenti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

 

Roma, 26 settembre 2019.

L’Osservatorio Europa